“Lei russa?”, mi chiese l’anziano uomo davanti la foresteria di Corso Tacito spargendo odore di brillantina e canfora. Io, con aria di chi non raccoglie allusioni risposi: “no, dormo benissimo!”e lui s’allontanò in preda al dubbio amletico: “ma questa, c’è o ci fa?”mentre, col sorriso ancora intatto per la gag inaspettata ed un sano fiato corto per non aver utilizzato l’ascensore, salivo al piano dell’assessorato con cui collaboravo. Quel ricordo, unito alla leggerezza dei miei passi, mi dà ancora i brividi. Poi, mentre le idee per il nuovo palinsesto televisivo si moltiplicavano e il desiderio di sole mi sussurrava consigli di cambio stagione, le mie gambe sì bloccarono. Era il 2014. Gli esami effettuati all’Ospedale di Siena sentenziarono: “Neuromielite Ottica” e gli avvertimenti degli anni precedenti non erano riusciti a decifrare una patologia tanto rara quanto sconosciuta, almeno nella mia città. Al centro malattie demielinizzanti di Perugia mi hanno seguita con professionalità, umanità e rispetto. I miei primi passi, dopo mesi di sedia a rotelle, sono stati frutto della costanza dei medici, dei farmaci, dell’affetto di chi m’ha voluto bene e di 5 mesi di terapie presso la Fondazione Santa Lucia di Roma, oltre ad una buona dose di fortuna e la scelta di non arrendermi mai. Sì. Ho scelto di vivere parallelamente alla mia malattia con le stesse ali e gli stessi sogni ripetendo a me stessa “se non puoi cancellare la patologia, puoi modificare il modo di affrontarla”e nonostante il dolore, ho imparato a non soffrire degli sguardi curiosi e indifferenti della gente e di chi consideravo amico. Ho deciso di difendermi da familiari insensibili e condomini mediocri e frustrati. Oggi amo la vita e cerco di aiutare chi, in situazioni simili alla mia, non trova risorse per lottare. Grazie di cuore a chi m’è rimasto accanto. Grazie senza cuore a tutti gli altri. Ora che il mio tempo è prezioso e la voglia di vivere guida la mia mano urlando “rinasci da te” io lo scrivo nero su bianco e ricomincio da qui.